PestMAG

Il Granchio blu, specie aliena

Femmina di granchio blu che trasporta le uova – Photo by Steve Luell

di Vittoria Orsenigo

Tra le diverse – e numerose – specie aliene che hanno trovato ospitalità nel nostro paese, è un abitante del mare che si dimostra molto a suo agio e sta creando non pochi problemi popolazione autoctona.

Si tratta del Granchio blu, Callinectes sapidus, che dalle coste atlantiche (di tutta l’America), dove è originario, nell’acqua incamerata per zavorrare le navi, è arrivato in molte parti del mondo (Mare del Nord, Mar Baltico, Mar Nero, Mar Giallo) e anche nel Mediterraneo e quindi nelle nostre acque. Dapprima, abituato ad altri climi, non si è dimostrato particolarmente invasivo ma dopo i primi anni 90 ha dimostrato di sentirsi perfettamente a suo agio.

Dalla Sardegna nel 2017 a Oristano e via via intorno, dal 2000 è stato segnalato anche lungo la costa ionica e sulla costa adriatica fino all’alto Adriatico. Nel 2022 ha dimostrato di apprezzare anche il mar di Liguria e poi, dall’aprile di quest’anno si è sentito sempre più a proprio agio, soprattutto negli allevamenti di molluschi, cibo particolarmente apprezzato. Risolvere il problema non è semplice: il granchio blu nel Mediterraneo non ha predatori, a differenza di casa sua dove deve sottrarsi ai suoi predatori naturali che lo apprezzano molto, come anguille, razze, squali, persici nei fiumi (sì, perché arriva anche lì, potendo sopportare salinità inferiori al tre per mille), senza contare gli esseri umani.

Da vicino

Crostaceo delle dieci zampe è di colore verde oliva nella parte superiore, ha il ventre bianco-azzurrino e le zampe all’attaccatura e nella parte terminale sono di un blu intenso. Più largo che lungo (23 cm di larghezza e fino ai 15 cm di lunghezza) ha una forma ellittica, due spuntoni ai lati e margine anteriore seghettato. Il primo paio di zampe è mutato in chele. La femmina può deporre più di 2 milioni di uova. Non si pone problemi o limitazioni per nutrirsi, è un predatore: mangia tutto ciò che cattura, dai molluschi bivalvi, anellidi, avannotti alle piante e resti.

Problemi e danni

Il granchio blu può procurare gravi danni sia sul fronte economico, sia ecologico. Danneggia le reti da pesca e il pescato, può colpire gli allevamenti di mitili, vongole e ostriche e così via. Poiché mette in pericolo la pesca costiera ed è in particolare una minaccia per la biodiversità, è attiva una sorveglianza: ISPRA, Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, collabora con il Giornale dei Marinai per raccogliere le segnalazioni relative al Callinectes sapidus, tramite l’indirizzo email aline@isprambiente.it.

Il Giornale dei Marinai ha pubblicato un opuscolo informativo a firma Marcello Guadagnino, biologo marino e autore del Giornale dei Marinai, riccamente illustrato in cui si trovano informazioni su questo predatore e… ricette di cucina.

Il suo intervento a danno della biodiversità rende molto pericoloso il Callinectes sapidus ma neppure il danno economico è trascurabile: secondo Fedagripesca-Confcooperative attualmente n Italia il danno sarebbe già di 100 milioni di euro (considerando solo rapportato alle vongole…). Il governo ha stanziato 2,9 milioni di euro in favore delle cooperative della pesca per tenerlo sotto controllo e aprendo anche una stagione straordinaria di pesca (in Veneto pare siano già stati raccolti granchi blu per 326 tonnellate, solo nel mese di agosto ne sono state catturate 84 tonnellate a Scardovari e altre 29 tonnellate a Pila).

La lotta biologica

Il problema c’è, ma la soluzione di importare un predatore naturale del granchio blu come l’ibis sacro, pare non sia brillante. Anche perché si tratta di combattere un male con un altro: anche l’ibis sacro è una specie invasiva da noi e si sta operando per eradicarlo (Piano di Gestione Nazionale dell’Ibis sacro).

D’altronde, introdurre una specie per regolarne un’altra ha precedenti poco confortanti: la volpe è stata introdotta in Australia come predatore di conigli, peccato però che avendo trovato altri piccoli animali più facili da catturare, la volpe abbia spostato le sue preferenze. Alberto Barausse, etologo, in un’intervista del 23 agosto al Corriere della Sera ha affermato che l’introduzione massiccia dell’ibis sacro può fare altri danni, la specie aliena entrerebbe in competizione con le popolazioni autoctone di ardeidi, di uccelli come gli aironi e le gazze sia per i siti di riproduzione sia per alimentarsi.

 In ogni caso, cozze e vongole non spariranno. Le nuove specie nell’Alto Adriatico, tenute sotto controllo, impareranno a convivere. E Barausse sostiene che il vero pericolo per la sopravvivenza dei molluschi bivalvi del mediterraneo è la crisi climatica, non il granchio blu. L’aumento della temperatura delle acque crea un ambiente non più adatto alla sopravvivenza di cozze e vongole e invece favorisce l’ingresso e la proliferazione di altre specie invasive.

Dal mare alla tavola

Data la difficoltà nel contenere e limitare i danni provocati dal granchio blu, una soluzione è cibarsene. D’altronde, là dove è autoctono, rappresenta una importante risorsa economica. È stato calcolato che la domanda negli anni 90 in Usa era valutata in oltre 100 milioni, successivamente si è dimezzata ma ancora il valore rimane alto).

Il WWF, World Wide Fund for Nature, segnala come la Tunisia abbia affrontato il problema. Il Paese ha creato una filiera per trasformare in risorsa quello che era un grave danno, il Callinectes sapidus (insiemea Portunus segnis, specie tropicale di granchio blu arrivata attraverso il Canale di Suez). Per pescare il granchio blu sono necessarie reti speciali, quelle per la pesca dei crostacei, crab-pot: reticolati di filo metallico intorno a uno scheletro di legno o metallo, per formare una gabbia a forma di cubo con due entrate. Le aperture sono studiate in modo che quando il granchio entra, attirato dall’esca (pezzi di pesce o pollo fissati in una tasca di metallo per impedire che li mangi) poi non possa uscire. Le nasse vengono disposte in lunghi filari e controllate ogni giorno, rimuovendo i granchi pescati e sostituendo le esche consumate. I pescatori tunisini hanno modificato delle nasse trasformandole in trappole adatte alla pesca del granchio blu.

Quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, donne, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti. Un’imbarcazione di 12 metri in Tunisia dotata di nasse pesca in media 500 kg di granchio blu a uscita. In Tunisia ora si contano 48 aziende che lavorano ed esportano diversi prodotti finiti: granchio intero cotto, granchio decorticato, carne di granchio. E anche la farina di granchio, per la produzione di compost per piante e mangime per animali da allevamento, messa in opera con una donazione della cooperazione Stati Uniti-Tunisia per l’acquisto di macchine per la produzione di compost.

Foto dal Giornale dei marinai

Il granchio blu rappresenta il 25% delle esportazioni di pesce del paese: nel 2021 in Tunisia l’export di granchio blu ha raggiunto le 7.600 tonnellate per un valore di 24 milioni di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al 2020. Il ‘cliente’ principale è il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia, Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico. 

L’Italia di oggi è la Tunisia del 2014:  prevedere quanto sta accadendo oggi sarebbe stato possibile, e una gestione con una vera visione a lungo termine e non miope di fronte al tema del cambiamento climatico ci avrebbe premesso di arrivare preparati – ha dichiarato Isabella Pratesi, direttore del Programma di Conservazione di WWF Italia –   Possiamo ancora imparare dall’esperienza dei nostri vicini, evitando di compiere errori, come l’utilizzo di sistemi non selettivi, soprattutto sotto-costa, che potrebbero essere fatali per i nostri mari già duramente impoveriti e danneggiati dalle attività umane e dal cambiamento climatico, e adottare una vera gestione adattativa, imparando a gestire nuove risorse ittiche come il granchio blu che possono fornire una fonte di guadagno alternativa a pescatori e agli operatori di tutta la filiera”

Grecia e Spagna stanno affrontando nello stesso modo il problema, gestendo il problema mantenere l’equilibrio tra limitazione dell’abbondanza di granchio in acqua e guadagno dei pescatori. Visto che estirparlo è impossibile, almeno se ne trae un vantaggio. E anche alcune regioni italiane hanno scelto questa strada (ad esempio il Veneto).

La Campagna GenerAzioneMare del  WWF Italia punta sul coinvolgimento di comunità, pescatori, cittadini, aziende, per difendere il capitale Blu del Mediterraneo e la gestione sostenibile delle risorse ittiche è uno degli obiettivi della Campagna: con il progetto Transforming Small Scale Fisheries fase II – con cui lavora in Nord Adriatico, Sicilia e Puglia per supportare la transizione ecologica della piccola pesca e migliorare le condizioni socio-economiche dei pescatori artigianali, si impegna a  trovare  soluzioni insieme ai pescatori anche a problematiche come quella del granchio blu.

Per saperne di più:

www.isprambiente.gov.it

Giornale dei Marinai

www.wwf.it

www.ilrestodelcarlino.it

https://corrieredelveneto.corriere.it