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Zika virus: un terzo della popolazione mondiale vive in zone a rischio

Uno studio pubblicato il 2 settembre nella rivista medica  The Lancet Infectious Diseases lancia un allarme, informando che un terzo dell’umanità vive nei paesi dove il virus Zika potrebbe ancora propagarsi. Lo studio Potential for Zika virus introduction and transmission in resource-limited countries in Africa and the Asia-Pacific region: a modelling study” si propone, per supportare la rapidità degli interventi per la salute pubblica, di identificare le regioni in cui sono maggiori gli effetti sul potenziale di salute, economico e sociale da virus Zika, concentrandosi sui paesi con risorse limitate in Africa e nella regione Asia-Pacifico.

Lo studio, finanziato dal Canadian Institutes of Health Research e dall’US Centers for Disease Control and Prevention, è il primo tipo di valutazione sui rischi di trasmissione dell’infezione che ha già colpito 1,5 milioni di persone in Brasile. Come riporta Le Monde, anche se il virus ha un decorso benigno per la maggior parte delle persone è tuttavia ritenuto responsabile di complicazioni neurologiche e soprattutto di gravi anomalie di sviluppo cerebrale, microcefalie nei neonati e nelle madri contagiate. Kamran Khan di Toronto, il medico principale autore dello studio, sottolinea che  circa 2,6 miliardi di persone vivono in regioni dell’Africa e dell’Asia Pacifico dove le specie locali di zanzare e le condizioni climatiche rendono possibile in teoria la trasmissione della Zika.gr1_lrg Zika

Fonte: The Lancet

 

I paesi più interessati sono: l’India, dove 1,2 miliardi di persone potrebbero essere esposti al virus, la Cina (242 milioni), l’Indonesia (197 milioni), il Pakistan (168 milioni) e il Bangladesh (163 milioni). Anche altri paesi come il Vietnam, le Filippine, la Tailandia sono ugualmente direttamente interessate, così come la Repubblica democratica del Congo, la Tanzania e il Sudan.

I ricercatori sono arrivati a queste cifre secondo un modello che tiene conto del numero dei viaggiatori provenienti dai paesi americani toccati, delle condizioni climatiche, della densità della popolazione e dell’efficacia dei sistemi di cura. Il dottor Kahn riconosce tuttavia che sussistono incertezze specialmente sulla Zika e sulla sua trasmissione, essenzialmente da zanzare del tipo Aedes, ma anche dal punto di vista della trasmissione sessuale. La cifra di 2,6 miliardi di persone a rischio si fonda sullo scenario ritenuto “più prudente” dai ricercatori, sapendo che la zona di diffusione del virus è la stessa di quella della dengue (che fa ugualmente parte della famiglia dei Flavivirus).

Rinvenuto per la prima volta in Uganda nel 1947 su una scimmia, Zika è all’origine di infezioni umane in molti paesi african e asiatici a partire dagli anni 70. Le prime epidemie sono state segnalate nel 2007 in Micronesia e nel 2013 e 2014 nella Polinesia francese. Nel 2015 dei ceppi appartenenti alla linea asiatica del virus sono apparsi in Brasile, prima di estendersi in totale a una quarantina di stati americani. Molte dozzine di casi di trasmissione locale sono stati riportati in questi ultimi giorni a Singapore, dove le autorità hanno imposto alle donne incinte che soffrono di febbre e di eruzioni cutanee di sottoporsi al test per il virus.160128185001-zika-mutant-male-mosquitos-mclaughlin-pkg-00020830-large-169

Tra le altre incertezze che riguardano la valutazione, i ricercatori insistono sulla difficoltà di valutare il numero di persone che sono già state in contatto con il virus nel passato, che si tratti del ceppo asiatico e di quello africano. Benché siano stati riferiti casi sporadici sui due continenti, l’estensione delle infezioni precedenti resta sconosciuta.

In un commento allo studio, Abraham Goorhuis e Martin P. Grobush dell’università di Amsterdam rilevano che esistono troppo pochi studi sul tema, aggiungendo che probabilmente i paesi africani sono molto più a rischio dei paesi asiatici perché il ceppo in causa nell’attuale epidemia è asiatico e non africano. Uno dei paesi più minacciati – secondo lo studio – sarebbe l’Angola, già colpito da un’epidemia di febbre gialla, a causa dei suoi importanti legami economici e culturali con il Brasile. Il virus è stato trovato anche a Capo Verde e più recentemente in Guinea Bissau.

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Fonte: OMS