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Una nuova ricerca su gatti e roditori

L’efficacia dei gatti come scelta e possibilità per il controllo dei roditori è l’oggetto di una ricerca finanziata dalla National Pest Management Association (NPMA) e realizzata in collaborazione con la Fordham University: Trends in Urban Rodent Monitoring and Mitigation: Improving Our Understanding of Population and Disease Ecology, Surveillance and Control

La ricerca  ha messo a confronto una realtà documentata con alcune credenze legate gatti come un mezzo efficace per il controllo dei roditori. Ne parla un articolo pubblicato su Frontiers in Ecology and Evolution (‘Temporal and Space-Use Changes by Rats in Response to Predation by Feral Cats in an Urban Ecosystem’) da cui abbiamo tratto alcune parti. Tra i risultati,  è stato sfatato sfatato qualche luogo comune tra cui quello che i gatti siano i ‘naturali’ predatori dei topi.

Intanto è da considerare la differenza tra topi che pesano 20-35 grammi e ratti cittadini, che spesso pesano 10 volte tanto: e questo equivoco  può essere parzialmente responsabile del fatto che i gatti siano ampiamente considerati uno strumento di controllo ‘naturale’ per i ratti. Gli scienziati hanno studiato il comportamento individuale dei ratti utilizzando il rilevamento dei profumi e la tecnologia RFID per conoscerli in modo più approfondito.

I predatori hanno un budget energetico, con il quale il loro apporto calorico è massimizzato contro i potenziali rischi da prede grandi o difensive. E quindi, i gatti possono essere più propensi a cercare gli uccelli e i pasti più facili (come, ad esempio, i piccoli mammiferi e i loro piccoli) prima di passare ai ratti. Inoltre, come animali domestici, i gatti sono ben adattati per sopravvivere contando sulle persone: l’addomesticamento dei gatti e l’abbondanza a ottenere più facilmente alimenti alternativi mettono in dubbio l’inclinazione dei gatti a predare i topi cittadini e a ridurne il numero.

I gatti selvatici possono avere un impatto sulla dinamica della loro preda, ma ci sono dati molto più forti che indicano che i gatti influenzano la fauna selvatica nativa rispetto ai ratti cittadini. Ad esempio, in Australia e negli Stati Uniti, i gatti rappresentano la più grande fonte di mortalità antropogenica per uccelli e mammiferi nativi. Questo è stato storicamente riconosciuto negli ecosistemi insulari dove i gatti sono evolutivamente nuovi, ma è vero anche per alcuni sistemi continentali e urbani. Con gli attuali tassi di urbanizzazione umana, questi ultimi sono gli ecosistemi in più rapida crescita al mondo, con oltre il 70% delle persone che si prevede vivano nelle città entro il 2050.

In città c’è posto per tutti

A differenza dei vertebrati nativi più colpiti dai gatti, i ratti cittadini hanno convissuto con i gatti per secoli. Questi ratti si adattano bene agli ecosistemi urbani;e rappresentano un grande oggetto di preda per tutti, tranne per i gatti più audaci e possono difendersi. Tuttavia, i media riportano come in alcune città statunitensi densamente popolate come Chicago sian stati fatti sforzi di massa per usare i gatti come strumenti per il controllo dei ratti.

Non solo i gatti sono un rischio per la fauna selvatica, ma ci sono anche preoccupazioni per il benessere dei gatti stessi. Ad esempio, si sa che un gatto ben nutrito e ben curato può coesistere pacificamente accanto ai topi. Pertanto, coloro che usano i gatti come soluzioni per il controllo degli infestanti possono intenzionalmente evitare di dar loro da mangiare per indurli a cacciare. Ma sono necessarie prove più decisive prima che i gatti possano essere giustificati come strumenti di controllo per i ratti: date le loro maggioridimensioni, i ratti cittadini possono essere meno vulnerabili ai gatti rispetto ai roditori nativi, i gatti selvatici tendono a preferire prede più piccole, inclusi piccoli roditori con una soglia <250 g.

Tra i pochi studi continentali che hanno esaminato l’influenza dei gatti sui ratti, ci sono stati risultati misti. In Finlandia, i ricercatori hanno scoperto che il 72% di tutte le prede portate a casa dai gatti erano roditori, ma  gli autori non hanno fatto distinzioni tra topi e ratti, e hanno indicato che quasi la metà di tutte le uccisioni apparteneva a gatti eccezionalmente grandi.

Il rilascio sperimentale di 20 ratti nativi con pelo lungo (Rattus villosissimus) in Australia ha provocato una rapida estirpazione da parte dei gatti, ma questi ratti erano anche circa la metà delle dimensioni (150 g) della maggior parte dei ratti cittadini. Anche in Australia, l’analisi del contenuto dello stomaco di 80 gatti selvatici ha rivelato che l’80% della loro dieta proveniva da roditori, ma la maggior parte dei ratti sono stati identificati come ratti a pelo lungo.

Non ci sono quindi prove che i gatti possano sopprimere direttamente le popolazioni di topi cittadini. Tuttavia, gli impatti di predazione possono anche derivare indirettamente, attraverso effetti non letali sulla preda dai rischi della predazione: il solo odore dei gatti (Felus catus) è sufficiente a ridurre la capacità riproduttiva in alcuni topi e nei ratti) e il rischio di predazione può anche limitare l’accesso al cibo un effetto che potrebbe essere grande nei sistemi urbani.

Considerazioni:

Per cinque mesi sono stati osservati gatti selvatici e le telecamere che monitoravano il sito della ricerca e le colonie di ratti nelle vicinanzehanno registrato la loro presenza più di 300 volte: meno dll’1% degli incontri tra gatto e topo hannno provocato la morte del roditore. I ratti hanno meno probabilità di essere visti nel periodo successivo alla presenza dei gatti (e questo può indicare una maggiore attenzione agli spostamenti): si nascondono ma tornano pù tardi.

Quanto agli odori, solo i profumi maschili inducono i ratti di tutti e due i sessi a indagare ma poi a evitare l’area in futuro. I feromoni misti (maschili e femminili) hanno una risposta più favorevole rispetto a quelli maschili; i feromoni femminili sono più attraenti per i ratti (sia maschi, sia femmine).