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Nutrie: il problema si aggrava

Danni per le colture e difficoltà nell’attuazione del controllo di questo roditore che ha invaso massicciamente le nostre campagne. Originario del Nord America, da dove il Mycastor coypus – questo è il nome scientifico della nutria – era stato importato per motivi economici come animale da pelliccia Schermata 2017-12-13 alle 16.05.46(il cosiddetto “castorino” che chi è meno giovane ricorda bene), dopo lo scarso successo in questo campo, è stato liberato oppure è fuggito, ritrovando un habitat adatto nei territori più simili a quello di origine.  Così nelle nostre campagne si è ambientato e ha prolificato. Al punto da creare un vero problema per le colture e anche per la sicurezza (per la poca stabilità degli argini): gli agricoltori hanno mostrato un’evidente esasperazione, come abbiamo notato in diversi commenti di giornali locali che riportano le loro lamentele, come quella di un agricoltore del ferrarese che avverte che gli agricoltori “sono stanchi di pagare il conto dei danni causati da una popolazione di nutrie fuori controllo, una situazione provocata da un sistema di contenimento che non funziona, bloccato da burocrazia e ideologie ambientaliste“.Schermata 2017-12-13 alle 15.48.47

Anni fa, a cura del Ministero dell’Ambiente e dell’INFS Istituto per la Fauna Selvatica, è stata pubblicata una Guida con indicazioni per il controllo della nutria, ma da quando il Myocastor coypus non è più stato considerato ‘fauna selvatica’ ma animale nocivo, il controllo è passato dall’INFS è passato all’ISPRA. A seguito della ‘nocività’ della nutria, dunque, anche la normativa di riferimento si è modificata.

 COSA DICE LA LEGGE

La normativa rimanda alle Leggi Regionali, che negli anni sono state aggiornate. Citiamo per esempio quella della Lombardia – Legge Regionale 4 dicembre 2014 , n. 32Modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 ottobre 2002, n. 20 (Contenimento della nutria (Myocastor coypus)”

L’articolo 3 (Metodologie di eradicazione) cita:

1. L’eradicazione delle nutrie avviene secondo le modalità disciplinate dai piani provinciali di contenimento ed eradicazione di cui all’articolo 2, comma 2, in ogni periodo dell’anno, su tutto il territorio regionale, anche quello vietato alla caccia, con i seguenti metodi di controllo selettivo:

a) armi comuni da sparo;
b) armi da lancio individuale;
c) gassificazione controllata;
d) sterilizzazione controllata;
e) trappolaggio con successivo abbattimento dell’animale con narcotici, armi ad aria compressa o armi comuni da sparo;
f) metodi e strumenti scientifici, messi a disposizione dalla comunità scientifica;
g) ogni altro sistema di controllo selettivo individuato dalla Regione e validato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) o dal Centro di referenza nazionale per il benessere animale.Nutrie_0360
2. Le province, d’intesa con i sindaci dei comuni interessati, nel rispetto delle leggi e delle norme di pubblica sicurezza e sanitarie, con adeguato coordinamento e formazione di base dei partecipanti, autorizzano all’abbattimento diretto degli animali, avvalendosi dei metodi di cui al comma 1, la polizia municipale e provinciale, gli agenti venatori volontari, le guardie giurate, gli operatori della vigilanza idraulica, i cacciatori e i proprietari o conduttori dei fondi agricoli in possesso, ove previsto dalla normativa vigente, di porto d’armi ad uso venatorio o ad uso sportivo e con copertura assicurativa in corso.

3. L’eradicazione della nutria nelle riserve e nei parchi naturali deve avvenire in conformità al regolamento delle medesime aree protette e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’ente gestore. I prelievi e gli abbattimenti sono svolti dal personale dell’ente gestore o da soggetti appositamente autorizzati dall’ente gestore stesso.

Il problema dunque sembra complicarsi non poco, anche perché – nella prospettiva di un panorama poco controllabile di “licenze di uccidere” da parte chi i danni li subisce – ci sono movimenti come la LAV e gli ambientalisti, che pur comprendendo il problema, suggeriscono soluzioni meno cruente, come per esempio la cattura e conseguente sterilizzazione oppure la soppressione ‘indolore’.

Ecco allora arrivare i ricorsi al Tar a favore di scelte meno aggressive, ricorsi che – a complicare ancor più il problema – in alcune Regioni sono stati accolti, e in altre respinti.

(continua)

Chiara Merlini