Focus Parassiti e Infestanti

Insetti striscianti

Parlando di “insetti striscianti” vengono subito in mente vermi, bruchi, e larve, eppure con questo termine chi opera nel settore dell’igiene ambientale comprende quelle specie infestanti che colonizzano prevalentemente le superfici (pavimenti, pareti, ripiani, strutture eccetera). Inoltre, il termine insetto è usato talvolta impropriamente poiché in tale raggruppamento vengono inclusi acari, zecche, ragni, scorpioni, millepiedi, e porcellini di terra. Quindi possiamo affermare che questa classificazione, lungi dall’essere propriamente entomologica, risulta invece ottimale in termini pratici, in quanto presuppone una certa uniformità nella modalità di trattamento disinfestante, mirato alle superfici maggiormente frequentate dagli artropodi in questione. Gli insetti striscianti più classici e anche più diffusi sono rappresentati dalle blatte, dalle pulci e dalle formiche; vi sono inoltre le lepisme, i dermestidi dei tappeti e delle case, nonché agli artropodi quale già citati scorpioni, ragni e acari. Altri ancora sono dal punto di vista del disinfestatore di importanza relativa, per l’occasionalità della loro presenza a livelli di danno; citiamo ad esempio i grilli del focolare, le forbicine, i coleotteri delle cantine, i pidocchi dei libri (psocotteri), i collemboli eccetera.

LE BLATTE

Le blatte sono insetti arcaici, di ogni dimensione, da molto piccole a gigantesche; hanno forma appiattita, lunghe antenne filiformi, zampe spinose e un paio di vistose appendici addominali (cerci). blatta orientalisGeneralmente sono provviste di due paia di ali, di cui le anteriori, leggermente coriacee, vengono tenute piatte sul dorso; volano comunque raramente e alcune specie, come la Blatta orientalis, hanno femmine con ali ridotte. Delle 3.500 specie conosciute, 400 circa sono presenti in Italia, ma sono pochissime quelle dannose per l’uomo, poiché la maggior parte vive tra la vegetazione.  Le285px-Blatella_germanica_p1160206 più note e diffuse sono lo scarafaggio comune (Blatta orientalis) e la blatta grigia (Blattella germanica), ma gli operatori d’igiene ambientale devono sapere riconoscere anche altre due specie ampiamente diffuse: il grande scarafaggio americano (Periplaneta americana) e la blatta dei mobili (Supella longipalpa = Supella suppellectilium). Forniamo una classificazione riferita ad alcuni tra gli habitat di elezione (naturalmente da non considerare in maniera troppo rigorosa). Aggiungiamo un’ulteriore classificazione di tipo “climatico”.Supella-longipalpa

Ambienti freschi: Blatta orientalis

Ambienti caldi: Supella longipalpa

Ambienti caldo-umidi: Blattella germanica e Periplaneta americana

Ambienti fresco-umidi: Periplaneta americana

American-cockroach

LA LOTTA 

Ciclo biologico

Varia in funzione della specie ed è importante conoscerlo ai fini di un corretto programma di disinfestazione. Per quanto riguarda la B. germanica: l’ooteca schiude in 14-20 giorni; lo sviluppo delle forme giovanili (simili nell’aspetto agli individui adulti, ma senza ali – neanidi – e successivamente con abbozzi di alari – ninfe -) si svolge in 1-2 mesi richiedendo 5-7 mute. L’ooteca di Supella longipalpa schiude 40 giorni dopo la sua deposizione e il ciclo completo ha la durata di 3 mesi in condizioni ottimali. Periplaneta americana depone ooteche che schiudono dopo 1- 1,5 mesi. Il ciclo può variare in relazione alla temperatura e alla umidità da 6 mesi a 3 anni. Gli stadi giovanili crescono attraverso una decina di mute. Per tutte le specie citate i cicli, durante l’anno si accavallano e troviamo nello stesso tempo adulti, neanidi e ninfe di ogni età, nonché ooteche.  È bene ricordare che queste ultime sono le forme più resistenti agli agenti ambientali, fisici e chimici, quindi insetticidi compresi. Il potenziale biologico della B. germanica consiste in 4-8 ooteche per femmina contenenti ciascuna 37-44 uova, per un totale di 148-352 discendenti per femmina. Il numero degli eredi di una B. orientalis femmina sarà invece 128-144 fuoriusciti da 8 ooteche contenenti ognuna 16-18 uova.

Etologia

Le blatte vivono in maniera gregaria e tale comportamento sembra essere sollecitato da feromoni, chiamati infatti “di aggregazione”, contenuti nelle feci. Posseggono inoltre delle ghiandole speciali, poste nell’addome, che secernono un liquido nauseabondo che funziona da repellente per gli altri insetti; tali ghiandole prendono il nome di “ghiandole repugnatorie” e l’odore emesso è percepibile anche dall’uomo in quei luoghi in cui vi è una elevata concentrazione di blatte. Generalmente sono attive nelle ore notturne; vederle alla luce del giorno presuppone l’esistenza di una notevole infestazione. Infatti in tali orari solitamente riposano in zone oscure e riparate. Istintivamente rifuggono la luce; infatti se di sera accendiamo improvvisamente l’interruttore della luce in un locale infestato, vedremo le blatte, che stavano liberamente scorrazzando, precipitarsi fulmineamente nelle zone più riparate e oscure della stanza. Dal punto di vista alimentare sono onnivore e banchettano indifferentemente tra i rifiuti o sui piatti della più raffinata “nouvelle cuisine”. Hanno capacità cursorie notevoli (sono velocissime) ma, differenza fondamentale ai fini di una corretta disinfestazione, la B. germanica si arrampica con perizia su superfici verticali lisce e soffitti, che verranno quindi trattati, mentre la B. orientalis non è in grado di competere in quanto non possiede ventose sotto le zampe.

Schema di lotta

Riconoscere innanzitutto la specie infestante. Definire quindi il perimetro dell’area su cui intervenire in modo da evitare pericolose fughe in zone adiacenti non infestate e di conseguenza non trattate, che diverrebbero vere e proprie “zone rifugio”. Occorre quindi prima di incominciare i lavori di disinfestazione veri e propri effettuare un attento monitoraggio, utilizzando delle trappole collanti e/o degli spray che abbiano un attività stanante come ad esempio quelli a base di piretro.

PROTOCOLLI DI INTERVENTO

Lotta residuale

• Scegliere le superfici da trattare e valutarne l’estensione.

• Preparare le superfici: lo sporco eccessivo può inattivare rapidamente il prodotto usato, vanificando il piano d’intervento.

• Preparare con attenzione la soluzione/sospensione d’uso.

• Verificare le attrezzature.

• Operare secondo le corrette norme di sicurezza: rispettare le indicazioni riportate in etichetta sui dosaggi, avvertenze e modalità d’uso (attenzione a sostanze alimentari, persone e animali presenti nell’ambiente); utilizzare sistemi di protezione adeguati.

• Trattare in senso centripeto, ossia partendo dal perimetro esterno dell’area seguendo una “tattica di accerchiamento del nemico”. Irrorare le zone del battiscopa, gli angoli, le fessure, le crepe e sotto e dietro mobili, macchinari, lavelli ecc.

• Intervenire sugli impianti elettrici con insetticidi apolari e, comunque, non utilizzare mai per queste soluzioni acquose o insetticidi contenenti acqua.

• Se l’infestazione è causata da B. germanica operare anche sulle superfici verticali, soffitti, cappe, ecc. dove si possono annidare gli insetti.

• Attendere che le superfici asciughino ed arieggiare i locali prima di soggiornarvi nuovamente.

• Verificare i risultati in maniera oggettiva.

• Certificare sempre i trattamenti su appositi moduli o diario dei lavori.

Lotta abbattente

In alcuni casi è inoltre consigliata, con le dovute precauzioni, una nebulizzazione finale a forte carica abbattente.

Trappole 

Ad attrattivo alimentare o feromone di aggregazione, con superficie collante: sono utili soprattutto per il monitoraggio e per l’identificazione della specie infestante, per la valutazione del grado d’infestazione e per l’individuazione dei punti di maggior concentrazione degli insetti.

Bonifica ambientale

• Pulizia dell’ambiente.

• Corretta gestioni di alimenti e rifiuti.

• Ristrutturazione degli edifici.

 Calendario dei trattamenti

Intervenire periodicamente con trattamenti cadenzati nelle strutture a rischio (per esempio ospedali, cucine, ristoranti ecc.). L’intervallo varierà in funzione della specie, della gravità della infestazione, dei fattori ambientali predisponenti lo sviluppo delle blatte (temperatura, umidità, presenza di cibo e anfratti per gli insetti ecc.). Si potranno quindi eseguire da 4 a 13 trattamenti in un anno. Fare coincidere le date dei trattamenti programmati con i periodi di maggior proliferazione, che in genere coincidono con l’accensione e lo spegnimento degli impianti di riscaldamento.

Perché intervenire: le malattie

La blatta è morfologicamente predisposta a raccogliere germi e sporcizia che trova sul suo cammino. Oltre a veicolare microbi con il corpo,  con le zampette spinose e con le lunghe antenne li dissemina nell’ambiente attraverso le deiezioni e rigurgiti. Quante volte siamo stati colti da leggera diarrea dopo avere mangiato in luoghi pubblici, mense o alberghi poco puliti? Abbiamo così incolpato il cibo, forse non proprio fresco, ma è più probabile che siano stati gli scarafaggi i quali, durante le loro scorribande notturne hanno trasportato qualche enterobattero, rimasto poi su pane o cibi non protetti o sulle stoviglie.  Queste sono le forme patologiche più diffuse dalle blatte, ma non bisogna scordare che in luoghi a rischio, quali ospedali e comunità in genere, il potenziale biologico d’infezione e contagio è superiore e più pericoloso. Ricordiamo infatti che oltre i batteri responsabili di gastroenteriti (Escherichia coli) e salmonellosi (Salmonella spp.), gli scarafaggi sono vettori Staphylococcus responsabili di ascessi, Pseudomonas che producono infezioni, Shigella, Proteus, Mycobacterium e addirittura Pasteurella pestis (rilevata sugli insetti in un focolaio di peste a Hong Kong), per un totale di ben 48 ceppi di batteri patogeni. Possono inoltre diffondere protozoi, nematodi e cestodi, pericolosi per l’uomo.

LE PULCI

Sono gli infestanti più comuni, dopo le blatte, in ambiente urbano. Il randagismo per lo più felino e la presenza di ratti sono le fonti di infestazione di scantinati, solai, aree dismesse, depositi eccetera; da questi le pulci possono poi invadere abitazioni e uffici adiacenti.dogflea01

Le specie relative agli ospiti specifici sono la pulce del gatto (Ctenocephalides felis), la pulce del cane (C. canis) e quella del ratto (Xenopsylla cheopis). Ogni femmina produce nella sua vita, che dura anche un anno, diverse centinaia di uova. Le larve vermiformi vivono negli interstizi dei pavimenti, nei ricoveri degli animali, tra i peli di tappeti e moquette; si mimetizzano ricoprendosi di detriti, polvere e rifiuti, fonti tra l’altro di cibo. Dopo tre brevi stadi di crescita, le larve mutano in ninfe, immobili e anch’esse ben mimetizzate, dalle quali usciranno le pulci adulte pronte a saltare su un ospite specifico per succhiarne il sangue. In mancanza di questo possono assalire e pungere persone che si trovino a passare nei paraggi. In condizioni ottimali il ciclo completo si conclude in circa tre settimane. Possono quindi susseguirsi parecchi cicli in un anno, concentrati in particolare nei mesi estivi.images

Per il controllo delle pulci bisogna fare un primo trattamento ad elevato potere abbattente per risolvere il problema immediato determinato dagli insetti adulti. Quindi eseguire un’accurata pulizia per eliminare polvere, detriti, rifiuti e con essi uova e stadi giovanili. Utilizzare aspirapolvere forniti di sacchetto di carta asportabile, che verrà distrutto. Lavare tutte le superfici che saranno nuovamente trattate con un insetticida residuale. Anche le pulci possono trasmettere patologie all’uomo e agli animali, per esempio la teniasi provocata dal Dipilydium caninum.

LE FORMICHE

Le specie più comuni che possono penetrare nelle abitazioni, nei magazzini, negli ospedali e negli edifici in genere sono le seguenti:

Formica argentina (Iridomyrmex humilis); Formica faraone (Monomorium pharaonis); Formica nera (Lasius niger); Formica rossa (Pheidole pallidula); Formica rizzaculo (Crematogaster scutellaris).download (1)

Vivono in colonie (formicai) formate da una o più regine fertili e da parecchie operaie sterili che si occupano della gestione del nido: accudiscono regina e uova, allevano e nutrono le larve, curano le pupe, mantengono pulito il formicaio, lo riparano e lo allargano, quando è necessario, raccolgono e immagazzinano cibo. Alcune operaie, chiamate soldati e morfologicamente differenti (hanno la testa più grossa), si dedicano infine alla difesa della colonia. Le formiche sono presenti tutto l’anno negli ambienti riscaldati e sono generalmente più invadenti nei mesi primaverili ed estivi, quando la ricerca del cibo è una delle attività preponderanti e le colonie sono in fase di sviluppo. La sciamatura delle alate, maschi e femmine fertili che fonderanno nuove colonie, avviene in estate. Crematogaster_scutellaris-1Le formiche sono onnivore; alcune specie prediligono alimenti zuccherini, altre sostanze proteiche, altre fanno incetta di semi, altre ancora allevano afidi e cocciniglie per la melata. Quando trovano una fonte di cibo, p.es. rifiuti, vi arrivano seguendo sempre lo stesso percorso.

Lo schema di lotta prevede l’individuazione e la distruzione dei nidi. A questo scopo si possono anche utilizzare delle esche alimentari avvelenate che agiscono quando vengono trasportate dentro il formicaio. Questo metodo diventa poco efficace quando la disponibilità alimentare è elevata e la scelta dei cibi varia. I nidi possono trovarsi dentro gli edifici infestati, sotto i pavimenti, entro i muri, in fessure, interstizi e cavità varie, oppure all’esterno negli angoli dei palazzi o dei marciapiedi, nelle zone sterrate, nei prati o nei tronchi degli alberi, persino in luoghi distanti dalla infestazione. Nel caso in cui le formiche provengano dall’esterno e i nidi non siano stati individuati è necessario l’uso della lotta residuale che serve per creare delle barriere provvisorie e risolvere la situazione temporaneamente anche se con efficacia. In seguito dovranno essere valutate caso per caso le tecniche e le ristrutturazioni atte a impedirne nuovamente l’accesso. La presenza di formiche negli ambienti confinati è indice di scarsa igiene.

LE LEPISME

Più note come pesciolini d’argento per il loro aspetto, le lepisme che possiamo reperire negli edifici sono classificate secondo il tipo di ambiente. Lepisma saccharina è più frequente negli appartamenti, nei magazzini, nella biblioteche, negli archivi; Thermobia  predilige le panetterie e le cucine. download (2)Lepisma saccarina è ricoperta di squame argentate mentre Thermobia domestica ha una livrea più scura ed antenne e cerci molto più lunghi. Questi insetti praticano una sorta di danza nuziale che permette la fecondazione indiretta della femmina, senza accoppiamento. Ogni femmina di Lepisma saccarina depone 1-3 uova giornaliere, per un totale di 50-100 nella sua lunga vita, dalle quali fuoriescono neanidi simili agli adulti, ma più piccoli. Dovranno compiere ben 50 mute per diventare degli insetti completi e questa crescita richiederà almeno 4 mesi. Le lepisme sono attive di notte, così il loro numero aumenta progressivamente inosservato e anche i danni commessi. Si nutrono con tutto ciò che trovano sul loro percorso privilegiando le sostanze amilacee. Sono attratte dalla colla della carta da parati e da quella dei libri rilegati. Digeriscono anche carta, stoffa e pelli; possono così rovinare volumi pregiati, quadri, stampe, tappeti, moquette e carta da parati. La lotta residuale è efficace ma bisogna scegliere prodotti che non alterino le caratteristiche dei manufatti di valore.

I RAGNI

I ragni non sono insetti, ma appartengono alla classe degli aracnidi, che si distinguono per avere 4 paia di zampe e il corpo diviso in due sezioni, cioè capo e torace saldati e addome; si riconoscono infine per assenza di antenne. Formano l’ordine degli Arameidi che costituisce il gruppo più numeroso di aracnidi, contando ben 30.000 specie. Latrodectus_tredecimguttatus_1_(M_Colombo)Tutti producono seta, che non sempre viene utilizzata per comporre ragnatele, ma anche per proteggere le uova ed i piccoli o per costruire la propria tana. Tutti sono inoltre predatori e paralizzano le vittime inoculando veleno. I maschi sono generalmente più piccoli delle loro compagne e si riconoscono per i palpi rigonfi. In Italia non esistono ragni letali per l’uomo benché viva in un’areale limitato alla zona di Volterra un parente della Vedova Nera (Latrodectes Mactans); questo ragno nostrano, detto per l’appunto ragno volterrano (Latrodectes Tredecimguttatus) si riconosce per le 13 macchioline rosse sull’addome nero, vive nel terreno tra la vegetazione e se morde l’uomo può causare una grave forma di avvelenamento spesso accompagnata da febbre.

Comune nei nostri giardini è il ragno crociato (Araneus Diadematus) che tesse le tipiche ragnatele circolari con fili a spirale su una raggiera. Sverna, come molti altri rappresentanti di questo gruppo, alla stadio di uovo, protetto all’interno da piccole sfere di seta. Folcidi e Salticidi frequentano le nostre case: i primi colonizzano gli angoli, dove costruiscono vistose ragnatele, i secondi percorrono gli ambienti a piccoli salti (da cui il nome) alle ricerca di prede. Ixodes_ricinus_wwalasLa Tegenaria domestica, grosso ragno peloso è invece comune nelle cantine, dove realizza tele non appiccicose che servono ad avvisare il predatore del passaggio di una vittima. Magazzini, depositi e industrie sono spesso visitate dagli aracnidi che possono trovare un habitat ideale per proliferare. Per il loro regime dietetico, le infestazioni di ragni seguono solitamente quelle di altri insetti. Anche in questo caso è indicata la lotta residuale con prodotti di contatto. Naturalmente è consigliabile eseguire prima del trattamento un’adeguata pulizia comprendente la rimozione delle ragnatele. La presenza di ragni è indice di scarsa igiene e trascuratezza ambientale.

I DERMESTIDI

Nelle abitazioni sono comuni due specie di piccoli coleotteri dei tappeti: Anthrenus verbasci e Attagenus pellio. Gli adulti sono floricoli ed entrano nelle case per deporre (circa un centinaio di uova per femmina). Le larve, riconoscibili dal corpo ricoperto di setole (A. verbasci1280px-Wollkrautblütenkäfer_(Anthrenus_verbasci)-1075e dal lungo ciuffo di peli all’estremità addominale (A. pellio), sono responsabili di danni a tappeti di lana, pellicce, piumini, manufatti in pelle e animali impagliati. In condizioni ottimali il ciclo si svolge in tre mesi anche se in genere si ha una sola generazione in un anno. Lavaggi, spazzolature, uso di aspirapolvere sfavoriscono lo sviluppo di questi insetti. Nel corso di forti infestazioni si attua la lotta residuale che garantisce una protezione duratura. Anche in questo caso bisogna scegliere prodotti che non alterino le caratteristiche di manufatti di valore.

GLI SCORPIONI

Anche gli scorpioni sono insetti che appartengono anch’essi alla classe degli aracnidi. Posseggono due appendici boccali trasformate in pinze e un addome allungato e terminante con un uncino ricurvo: il pungiglione. Gli scorpioni italiani appartengono al genere Euscorpius e non sono pericolosi per l’uomo nonostante possano pungerlo. Le specie più comuni sono Euscorpius flavicaudis (scorpione dalla coda gialla) European_Yellow-Tailed_Scorpion_(Euroscorpius_flavicaudis)-Sheerness_UK-August_2013_2013-08-28_16-07originaria dell’Europa meridionale e l’affine Euscorpius italicus (scorpione italico) sono piccoli rispetto alle pericolose specie straniere (già nella vicina Francia esistono scorpioni velenosi come il Buthus occitanicus, giallastro e di dimensioni superiori); misurano infatti da adulti 3-5 cm (E. italicus) e 3-4 cm (E. flavicaudis) e sono di colore bruno scuro. Nell’Italia settentrionale, soprattutto in Alto Adige, troviamo anche l’Euscorpium germanus (scorpione germanico), presente fino a 2.000 metri di altezza. Le femmine sono delle madri premurose che accudiscono la prole, portandola costantemente sul dorso fino a quando i piccoli non diventano autosufficienti. Questi sono di aspetto simile all’adulto e per crescere compiono diverse mute. Vivono in luoghi riparati, bui e umidi; possono trovare un habitat ideale in sottoscale, cantine, lavanderie, legnaie di case rustiche. Gli scorpioni sono predatori attivi nelle ore notturne. Si cibano di altri artropodi che catturano con i cheliceri (le pinze) e uccidono con il pungiglione. Quando è necessaria si attua la lotta residuale.

GLI ACARI

Si tratta di una sottoclasse appartenente anche questa al gruppo degli aracnidi. Se vogliamo essere pignoli definiremo le zecche, di cui parleremo in seguito come acari dell’ordine Parasitiformes; mentre gli acari, come generalmente vengono intesi, fanno parte dell’ordine degli Acariformes.Panonychus_ulmiQuesti ultimi hanno colonizzato ogni habitat: piante, terreno, esseri viventi, derrate immagazzinate e perfino gli ambienti domestici. Tra gli acari che infestano il verde ricordiamo gli Eriofidi che formano galle e i Teranichidi o ragnetti rossi che si nutrono della linfa delle foglie decolorandole (per esempio Panonycus ulmi); possono anche ricoprire la vegetazione con una fitta tela sericea sotto la quale vive la popolazione di acari (per esempio Tetranycus urticae).Tetranychus_urticae_20080601_016_600x450px

Gli acari che vivono, come parassiti o come soprofiti, su altri esseri viventi sono parecchi. Gli ospiti possono essere innumerevoli, dagli insetti, come api, formiche, mosche, ai mammiferi, finanche all’uomo: ricordiamo l’acaro della scabbia (Sarcoptes scabiei), l’acaro della mietitura (Trombicula autumnalis) che provoca l’eritema autunnale e il più innocuo Demodex folliculorum che vive nei follicoli piliferi umani soprattutto nelle pieghe nasali. Nelle nostre case infine abitano minuscoli inquilini: sono gli acari della polvere, ragnetti dal corpo globoso ricoperto di setole. I Piroglifidi, i maggiori rappresentanti di questo gruppo, si sviluppano in condizioni ottimali in un mese. La femmina depone diverse decine di uova (circa una al giorno) nel corso della sua lunga vita (100-150 giorni). Da queste schiudono larve esapode che, in breve tempo, attraverso una fase quiescente di due giorni, mutano in protoninfe con 8 zampe, quindi in tritoninfe ed infine, sempre attraverso una fase quiescente, si trasformano in adulti. In ambienti favorevoli le generazione si susseguono e si accavallano.

Gli acari possono essere causa di reazione allergiche di varia entità (rinite, asma, dermatiti). Spesso ci si accorge dell’insorgere di forti infestazioni dall’aggravarsi di tali reazioni allergiche. Ciò di solito coincide con la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno; si creano infatti le condizioni ottimali per lo sviluppo degli acari della polvere, cioè un’elevata umidità ambientale (U.R. 60- 90%) e una buona dose di caldo (20-25°C). Inoltre ambienti caldo-umidi possono incrementare la presenza di muffe e spore fungine, base alimentare di alcuni acari Glicifagidi.

Anche rappresentanti della famiglia Acaridi si possono reperire nella polvere, ma in misura limitata, prediligendo come habitat le derrate alimentari. La lotta agli acari è problematica e non standardizzabile. Si può intervenire sia agendo sui fattori limitanti lo sviluppo, sia utilizzando mezzi chimici. Nel primo caso diminuendo l’umidità e la temperatura ambientale ed eliminando dai locali moquette, tendaggi, tappeti, peluche e altro che posso trattenere polvere ed acari. Nel secondo caso con trattamenti ambientali di vario genere (abbattenti e/o residuali) dopo attenta valutazione di un perito.

LE ZECCHE

Le zecche appartengono alla sottoclasse degli acari e rappresentano fin dall’antichità un grande pericolo per l’uomo e per numerosi animali a causa delle numerose malattie che possono trasmettere: borelliosi (malattia di Lyme), rickettiosi (febbre Q.), spirochetosi, arbovirosi, piroplasmosi eccetera. Le zecche più comuni appartengono alla famiglia degli Ixodidi (zecche dure) Ixodes_ricinus_wwalase a quella degli Argasidi (zecche molli dei colombi). Il ciclo biologico (uovo, larva, ninfa, adulto) può essere complesso interessando più ospiti intermedi ed anche la durata è assai variabile da pochi mesi ad alcuni anni. Questi artropodi succhiatori di sangue presentano alcune curiosità, ad esempio le forme giovanili hanno sei zampe mentre gli adulti otto come ogni aracnide che si rispetti e, cosa ancor più stupefacente, riescono a sopportare lunghi periodi di digiuno, anche più di un anno, nell’attesa di poter parassitare il loro ospite.

La lotta può interessare grandi areali soprattutto ove viene praticata la pastorizia oppure ove vi siano problemi di randagismo canino nonché nelle aree urbane a grande infestazione di piccioni. Da ciò consegue la necessità di tenere sotto controllo il fenomeno del randagismo e di occuparsi attivamente degli stormi di colombi delle nostre città. Per quanto concerne la lotta nelle aree infestate o potenzialmente a rischio è importante effettuare trattamenti residuali con irrorazioni di prodotti ad attività insetticida-acaricida avendo cura di bagnare bene. Pratica di una certa importanza risulta anche l’intervenire asportando le feci dei colombi e procedendo anche a interventi complementari di disinfezione. Per i ricoveri degli animali da reddito o d’affezione è bene organizzare interventi periodici in quanto la diffusione di questi parassiti sta interessando sempre più vasti areali con catene “epidemiologiche” sempre più ramificate dalle piazzole di parcheggio e ristoro delle autostrade (zecche dure dei cani) ai sottotetti delle nostre case (zecche molli dei piccioni).

Mario Alessi